sabato 9 maggio 2009



VIDEO:POPULAR GERMAN FOR CHILDREN SONG

GEORG UND MICHELLE


Regensburg, 17 dicembre 2008

SOUVENIR DA BRESSANONE


REPORTAGE
Bressanone, 9-11 agosto 2008





Fin dal momento in cui ho appreso la notizia delle vacanze del Santo Padre, sono rimasta subito molto contenta per la scelta della località: prima di tutto perchè ciò era esattamente quello che avevo desiderato per lui ed anche perché, pure per me, le montagne dell’Alto Adige hanno a lungo rappresentato la meta di molte indimenticabili vacanze estive, dove sarei stata felice di poter tornare.
Ho cominciato dunque fin da subito ad interessarmi per trovare un alloggio in quello stesso luogo, anche se, in realtà, non ero ancora né troppo convinta di andarci (poichè troppi contrasti e troppe discussioni hanno preceduto tale progetto ed altrettante, putroppo, lo seguiranno), né troppo sicura di poterci andare.
Finchè vengo a sapere che stavolta ci sarebbe venuto pure il fratello.


In precedenza Michelle, la mia carissima amica di Stoccarda che già da qualche tempo aveva prenotato, mi aveva invitata a venirci e ad alloggiare eventualmente nel suo stesso albergo.
Dalla Francia sarebbero arrivati anche Béatrice con il marito Vincent.
Ma per le mie possibilità il loro elegante albergo è troppo caro e perciò ne cerco un altro.
Dopo un quantomeno demoralizzante giro di telefonate, grazie al suggerimento di una delle ultime albergatrici contattate, che mi fornisce un recapito non indicato nei depliants turistici, trovo finalmente, anziché l’ennesimo sconsolante “ tutto esaurito”, un posto che, quasi incredibilmente, dispone ancora di diverse stanze libere ad un prezzo onesto ed accettabile.
Davvero non ci speravo più!
In marzo, dunque, mi faccio riservare una stanza singola senza alcun problema e senza dover anticipare alcuna caparra. Una vera fortuna!
I biglietti ferroviari, invece, li avrei acquistati molto dopo. Li troverò a condizioni promozionali
spendendo decisamente molto meno di quanto previsto.
Stavolta, poi, partirò da sola.
Non ci sono programmi precisi, ma ci si incontrerà sul posto.


Prima parte del viaggio: lasciamo Trieste con oltre venti minuti di ritardo, per permettere il trasbordo dei passeggeri di un treno diretto
a Roma soppresso in mattinata, probabilmente in seguito
a problemi tecnici dovuti al forte temporale della scorsa notte.
Almeno fino a Venezia essi rimarranno tutti indistintamente in piedi, in un convoglio stracarico oltre ogni limite di capienza e per di più caldissimo, dato che il sistema dell’aria condizionata, tanto per cambiare, non funziona.
Fra di essi una distinta, ma inquieta signora triestina viene a sedersi alla mia sinistra, mentre una giovanissima inglese peraltro fornita di voluminosissimi trolley, si sistema di fronte, accanto al finestrino bloccato.
Seconda parte del viaggio: dopo più di un’ora e mezza di noiosissima sosta nell’afosa ed affollatissima stazione di Mestre, finalmente si riparte in direzione di Bressanone.
Trovo il mio posto riservato in uno scompartimento gradevolmente fresco: ho di fronte un silenzioso giovanotto bavarese diretto a Monaco, capolinea del treno, accanto al quale viene a sedersi più tardi una buffa giovane suora, salita a Padova e diretta in Trentino per qualche giorno di vacanza, la quale, ad un certo punto, essendo ormai ora di pranzo, si mette allegramente a mangiare qualche forchettata di maccheroni “all’arrabbiata”, che estrae dal fondo di una piccola e dimessa saccoccia e poi s‘ appisola sorridente con la corona del Rosario in mano.
Arrivo puntuale a Bressanone qualche minuto dopo le diciassette di sabato nove agosto, proprio mentre nel locale Seminario si sta svolgendo la cerimonia di conferimento della cittadinanza onoraria al Santo Padre.
Dopo aver lasciato la piccola ed alquanto trascurata stazione ferroviaria, mi dirigo lentamente a piedi verso la non lontana Agenzia Turistica, dove, secondo le ultime informazioni sarebbe stato possibile ritirare in anticipo il proprio biglietto per assistere all’”Angelus” dell’indomani.
Informazioni evidentemente discordanti, visto che invece bisognerà ritirali domani mattina presto all’ ”Info Point” di via Mercatovecchio, com’era stato stabilito già dall’inizio.
Primo contrattempo di non poco conto, visto che a quell’ora non circoleranno gli autobus ed il mio albergo si trova in collina.
Un po' contrariata, proseguo comunque verso Piazza Duomo.
Dal Viale Stazione il percorso è assai più breve di quanto immaginassi.
Giunta nella piazza, mi guardo un poco attorno e decido di concedermi una breve sosta,
sedendomi su una delle gradinate metalliche sistemate per l’indomani, proprio in fronte alla grande facciata del Duomo, ancora intensamente illuminata dal sole radente.
La mia prossima preoccupazione, oltre ovviamente a quella di informare chi mi ospita del mio arrivo, sarà quella di contattare entrambe le amiche, che da qualche giorno si trovano già sul posto.
Estratto il telefonino compongo il numero di Béatrice, poiché fra le due è quella che capisce l’italiano, ma il suo telefono risulta sempre spento o irraggiungibile.
In alternativa decido di inviarle un messaggio, ma non ricevo risposta.
Ancora più preoccupata, chiedo loro notizie all’albergo di cui sono ospiti, dove mi danno conferma della loro presenza e mi assicurano che al loro rientro, avrebbero riferito.
Sempre col mo bagaglio in spalla, decido quindi, di lì a poco, di fare un primo breve giro di ricognizione nel centro della graziosa cittadina tirolese che forse durante i miei passati soggiorni
non avevo ancora visitato.


Oltrepassato il silenzioso e suggestivo giardino del chiostro, mi fermo un attimo in chiesa ad ammirarne il ricco interno barocco.
Svoltato l’angolo mi ritrovo, inaspettatamente, proprio a pochi passi dal cancello del Seminario Maggiore, giunta davanti al quale individuo quasi subito, con altrettanta sorpresa , proprio tre ragazze tedesche del nostro Forum: Eva, Marianne e Lilli, addossate alle sbarre.
Grande sorpresa anche da parte loro.
In un inglese elementare cerco di spiegar loro chi sono e chi sto cercando, mentre proprio in quel momento ecco sopraggiungere finalmente e con mio grande sollievo, anche Michelle ed il marito Siegfried.
Presentazioni, saluti e scatto di un paio di simpatiche fotografie di gruppo.
Molto cortesemente Siegfried si offre subito di portarmi il bagaglio e lo farà lungo tutto il tragitto.
E’ ormai ora di cena ed in compagnia dei miei due amici, gentilissimi ed affettuosi come sempre,
nell’atmosfera rilassante della sala interna di un fresco e tranquillo albergo tipico, gusterò un’enorme squisita omeletta farcita di mirtilli, rispolverando, nel calore della chiacchierata, il mio scarso, ma evidentemente sufficiente, vocabolario tedesco.
Dopo cena Michelle e Siegfried si offrono di accompagnarmi all’albergo e pertanto iniziamo ad incamminarci in direzione del ponte sul fiume Isarco, al di là del quale sorge l’albergo
“Gruener Baum” dalla bassa facciata dipinta di verde, dove più volte, in passato, avevano alloggiato proprio i tre fratelli Ratzinger, come testimonia il ritaglio di un quotidiano dell’epoca appeso con orgoglio al muro dell’elegante hall, in cui entriamo per chiedere informazioni circa il percorso più breve per giungere al “Garni Mayrhof”, dove io ho la stanza.
Ci dicono che il posto è distante circa una quarantina di minuti di salita a piedi e ormai fa già buio: decido allora di farmi chiamare un taxi con cui proseguire ( 10 euro), che prenoto già per l’indomani (altri 10 euro) e con il quale sarò praticamente costretta a spostarmi da e verso il centro durante tutti i tre giorni della mia permanenza.


Mi è stata assegnata una stanza singola con bagno all’ultimo piano del basso edificio bianco, alla quale si accede tramite una caratteristica, ma altrettanto scomoda stretta scala in pietra.
L’anziana ed ossuta signora dal tipico e familiare accento che mi ci accompagna dev’essere probabilmente la madre del proprietario con cui, qualche mese fa, mi ero accordata per telefono.
Una volta entrata nella stanza ed osservandola meglio, la trovo più gradevole di quanto avessi immaginato in rapporto al prezzo richiesto.
Dalla stretta finestra posta sotto la parte spiovente del soffitto vedo un grande albero di mele. A destra, nel cortile sottostante, una catasta di legna da ardere.
Soltanto la cascata di gerani rossi appesi al balcone del primo piano ravviva decisamente questo insieme un po’ spento.
Il panorama un po’desolato della parte settentrionale della cittadina è interrotto da un tornante della strada provinciale che sale verso Rasa, dalla quale proviene, di quando in quando, il rumore attutito delle poche macchine in transito.
Dopo aver disfatto la mia borsa e sistemato con grazia le mie poche cose, mi stendo finalmente sotto il soffice piumino, ma non riesco ad addormentarmi subito.
Alcuni tocchi sordi e qualche breve risata, provenienti da una delle stanze accanto, mi fa capire che non sono l'unica ospite.
Domenica mattina, svegliatami parecchio prima del previsto, faccio colazione alle sette nel salone buio ed umido del pianterreno, ancora completamente deserto, con poche fette
di pane nero, burro, marmellata e speck, accompagnati da una profumata tazza di thè ai frutti di bosco, sotto la fioca luce gialla del piccolo lampadario in pergamena.
La grande finestra di fronte si affaccia su di un giardino piccolo, ma ricco di piante di diverse specie.
Alle otto precise arriva puntuale a prendermi lo stesso cortese tassista che mi aveva portato qui
ieri sera.
La comoda vettura scivola quasi senza mai sostare lungo la discesa tortuosa per lasciarmi, più o meno dopo un quarto d’ora, nello stesso identico punto dove ieri ero salita.
Dopo aver fatto ancora un brevissimo tratto a piedi, ritiro velocemente il mio ticket nel luogo prestabilito, senza problemi, né code: mi è stato assegnato un posto in piedi nel settore “T”, a cui accedo attraverso l’ingresso laterale denominato “Porta d’oro”, dove devo sottopormi al fastidioso controllo del metal-detector che fruga con insistenza nell’’interno della mia capiente borsa.
Subito dopo, nei pressi dell’entrata, una sollecita ragazza dello staff, ferma davanti ad un'enorme catasta di piccole bottiglie di acqua minerale fresca, me ne porge premurosamente una,
della quale approfitto immediatamente con grande gusto.


Nonostante sia arrivata di buonora, trovo il mio settore per la gran parte già occupato da una comitiva di turisti veneti, non saprei dire esattamente da quale provincia provenienti, ben organizzati e forniti, in particolare, di certe praticissime seggioline pieghevoli incorporate allo zaino, i quali si stanno piuttosto grezzamente rifocillando con panini imbottiti di mortadella e con bevande varie, come se invece che trovarsi sul sagrato di una chiesa , stessero partecipando ad un’allegra scampagnata.
Riesco comunque ad introdurmi e a ritagliarmi, nel poco spazio rimasto, un posto in prima fila davanti alla transenna.
Mancano quasi due ore all’inizio della Santa Messa e nell’attesa non posso far di meglio che sedermi, alquanto scomodamente, sul bordo di un’aiuola peraltro colma di terriccio rosso ancora impregnato di umidità, utilizzando come intercapedine la copia del giornale “Il Corriere delle Alpi”che ho ritirato poco prima all’ingresso e che, ovviamente, avrei preferito leggere.
Accoccolata a terra in questo modo e a quest’ora del mattino, sento quasi freddo, nonostante abbia indossato la giacchetta di plastica impermeabile, ma mi consolo pensando che, quando il sole sarà alto, potrò godere, se non altro, dell’ombra di questo grande platano.
Soltanto più tardi, alzando lo sguardo ancora assonnato verso la facciata del Duomo, che peraltro riesco a vedere soltanto di scorcio, mi accorgo che un grande e potente altoparlante è stato sistemato, fissandolo saldamente al tronco dell’albero, esattamente sopra la mia testa…
Vorrei spostarmi più in là, ma i rarissimi posti eventualmente ancora disponibili nelle immediate vicinanze non sembrano offrire sistemazioni migliori.
Parecchio prima che cominci la messa, alcuni fonici eseguono delle assordanti prove tecniche e poco dopo anche l’affollatissimo coro, che nel frattempo ha raggiunto la propria postazione, a me di fronte, inizia a provare alcuni canti sacri con voce stentorea.
Il tempo trascorre lento e piuttosto uggiosamente.
Adesso un’elegante signora bionda, vestita con un grazioso costume tirolese nei toni del rosa , ci porge con garbo i bei libretti contenenti i testi bilingui per seguire la funzione.
Nel frattempo passa e ripassa la buffa coppia di bambini che trascinano, tirandola ciascuno dalla sua parte una grande e traballante cesta di plastica colma di bottigliette d’acqua.
Anch’io noto che molti dei posti a sedere riservati a chi ne avesse fatto richiesta sono ancora vuoti e che qualcuno se ne approfitta furbescamente.
All’angolo che sta alla mia destra alla continua, frattanto, il quasi ininterrotto andirivieni: a frotte arrivano gruppi di musicisti in costume di gala con i loro voluminosi strumenti,
sbandieratori e rappresentanze varie, mentre i due o tre volontari della ”Weisse Kreutz”, che spiccano tra la folla per le loro tute fosforescenti, ci scrutano di tanto in tanto con attenzione.


A questo punto succede che, volgendo casualmente lo sguardo verso il settore contiguo, che si trova alla mia sinistra nei pressi della fontana, individuo improvvisamente tra la folla dapprima proprio Béatrice e un attimo dopo, sotto le larghe falde di un cappello di paglia e con la videocamera pronta a filmare stretta in una mano, suo marito Vincent, distante da lei di qualche passo.
D’impulso starei per chiamarli al cellulare, ma subito mi ricordo che proprio poco prima il Vescovo Egger ci aveva cortesemente chiesto di spegnerli.
Perciò tento di attirare il loro sguardo attraverso un prolungato cenno di saluto.
Ma, anche stavolta, inutilmente.
Negli altri settori, intanto, il sole incomincia a picchiare.
Ora molte persone sono affacciate alle finestre.
L’atmosfera è festosa, ma tranquilla.
Il cielo sereno e terso è suggestivamente attraversato dalle dense scie gassose lasciate da qualche aviogetto, le quali, incrociandosi, creano una particolare scenografia.
Un paio di elicotteri sorvola per due volte la zona.
Al momento della recita dell’ ”Angelus”, da questa postazione riesco soltanto ad intravvedere, di tanto in tanto, qualche frammento della scena, sollevandomi al massimo sulla punta dei piedi per poter sbirciare oltre la barriera di schiene che, già da un bel po’, mi si sono parate davanti, mentre, al contrario, la parte audio risulta udibilissima, addirittura assordante.
Al di là di questi fastidiosi inconvenienti, mi consola e mi sorprende nello stesso tempo, la sensazione di familiarità che provo e che ormai abbiamo tutti acquisito partecipando
più volte ad avvenimenti del genere.
A preghiera conclusa, mi affretto ad uscire cercando di farmi largo tra il groviglio di gente euforica, per dirigermi verso il punto in cui, fino a qualche attimo fa si trovavano i due amici ed anche per tentare di recuperare gli altri. Ma invano. Sembrano tutti spariti. Possibile che se ne siano già andati? Mi aggiro un po’disorientata finchè, sospinta dal flusso di persone che premono da ogni parte, mi ritrovo davanti all’altare, ormai quasi completamente spogliato degli ornamenti floreali, presi d’assalto come souvenir. Giunta quasi per forza d’inerzia all’ingresso della sagrestia, urto sbadatamente il corpulento Cardinale Scola, appena uscito e riesco a vedere da lontano soltanto Eva che si allontana velocemente verso non so quale meta.
Il sospetto che qualcuno stia cercando di evitarmi, sta purtroppo diventando un’amareggiante certezza.
Anche il messaggio in tedesco che tento di inviare a Michelle, come ultimo tentativo, fallisce.
Nemmeno l’elaborata coppa di gelato che consumo solitaria all'ora di pranzo non sarà dolce abbastanza, così come senza risultato si riveleranno le lunghe ore trascorse in sosta davanti al cancello del Seminario, nella purtroppo vana attesa che qualcosa di imprevisto potesse succedere.


E’ lunedì mattina e, lasciato definitivamente l’albergo, sono piacevolmente seduta ad un tavolo in mezza ombra nel giardino del “Cafè am Grab”, di fianco al Seminario, dove assaporo, in completa rilassatezza, una tazzina di ottimo caffè , mentre sfoglio con trepida curiosità il bel libro illustrato dal titolo“Mein geliebtes Suedtirol”che ho appena acquistato nel negozio di fronte, soffermandomi ad osservare le belle fotografie che ritraggono il Cardinale Ratzinger in vacanza col fratello e la sorella. Anche oggi la giornata è soleggiata e luminosa e il cielo quasi completamente terso, nonostante alcune nubi bianchissime si addensino sulle cime. Oltre la siepe di bosso che mi separa dalla strada, che solo adesso incomincia piacevolmente ad animarsi, per due volte intravvedo passare una tipica carrozza trainata da un cavallo, mentre sta portando a spasso dei turisti.
Purtroppo non potrò assistere nemmeno alla cerimonia di congedo di oggi pomeriggio perché il mio treno di ritorno partirà più di due ore prima. Passando davanti al seminario incontrerò un’altra volta la simpatica Lilli ed un fotografo amatoriale che mi venderà alcuni suoi scatti, che pure lei comprerà.
Già intorno alle tredici, appeso di nuovo il mio bagaglio in spalla, mi avvierò perplessa verso la stazione.





Josephine, 1 dicembre 2008