mercoledì 6 maggio 2009

REPORTAGE DA RATISBONA

REPORTAGE

Regensburg, giovedì 18 ottobre 2007

Quando Michelle, Siegfried ed io siamo arrivati davanti alla casa di Monsignor Ratzinger, dopo un viaggio tranquillo e confortevole nonostante qualche disagio dovuto ad un imprevisto sciopero dei treni, erano ormai già passate le tredici. Giunti di fronte alla porta, Michelle ha subito provato a suonare al campanello, riprovando più volte con fiduciosa pazienza poiché nessuno veniva ad aprire. Ma, proprio mentre già un poco delusi stavamo valutando sul da farsi, decidendo che ci saremmo allontanati per ritornare più tardi ed il lampione posto sopra l’ingresso si stava spegnendo quasi come la nostra speranza, ecco sopraggiungere Frau Heindl, la governante, alla guida di una grande automobile, che parcheggia immediatamente nel contiguo garage.
Appena ricompare, Michelle la ferma e le spiega chi siamo, da dove veniamo ed il motivo della nostra visita. Per nulla sorpresa, anzi persino un po’ freddamente, Frau Agnes ci informa che Monsignore è da poco salito per il suo consueto riposo pomeridiano, ma che sarebbe andata ugualmente ad avvertirlo.

Dopo qualche minuto di trepidazione, si riaffaccia all’ingresso dicendoci che ci potevamo accomodare. Scambiandoci l’un l’altro una fugace occhiata, quasi increduli di quanto ci stava accadendo, entriamo in assoluto silenzio, quasi col fiato sospeso, attraversando dapprima la penombra della breve anticamera dalla passatoia rossa che si trova sotto la grande scala di legno, per poi fermarci nella raccolta stanza successiva, una specie di soggiorno su cui si apre la semplice e quasi disadorna cucina, ancora in parte ingombra delle stoviglie del pranzo. Sul tavolo rotondo al centro della sala, mi colpiscono immediatamente un piatto vuoto da sparecchiare e davanti a esso una bottiglia dal contenuto scuro, che poteva essere di vino o di liquore. Con una certa tristezza mi viene spontaneo chiedermi se fosse stato proprio qui che, poco prima, in malinconica solitudine, avesse mangiato Monsignore. O se, invece, quello fosse il posto a tavola della sua governante, oppure ancora fosse stato quello di un ospite venuto a far loro visita.

Mentre Siegfried e Michelle, la gentilissima coppia francotedesca che abbiamo conosciuto l’estate scorsa a Lorenzago, rimangono fermi in attesa, io voglio muovere qualche passo in questa stanza, che mi appare così sorprendentemente, quanto prevedibilmente, familiare per il solo fatto di averla vista alcune volte nelle fotografie. Anziché agitazione, avverto un stato di calma sospesa e di pace profonda. Appoggiato sulla stretta mensola del caminetto spento, riconosco, sotto la fioca luce, il piccolo ritratto dipinto a pennello eseguito qualche decennio fa a Monsignore mentre sta suonando il pianoforte e, poco più in là, quella fotografia scattata ai tre fratelli Ratzinger nel giardino della casa di Pentling, chiusa in una graziosa cornice argentata. Osservandola, però, faccio in tempo ad individuare soltanto il Cardinale e, vicino a lui, la sorella, perché proprio in quel preciso istante, attraverso la porta rimasta socchiusa, entra silenziosamente Monsignor Georg in persona…
Mi giro lentamente nella sua direzione, non so se per evitarmi incosciamente un’ eventuale delusione, oppure per assaporare un attimo alla volta l’esaudirsi di qualcosa di tanto intensamente desiderato, mentre un imprevisto ed altrettanto gioioso “Oooh!!!” di meraviglia e commozione esce spontaneamente dalla mia bocca… Più in alto, appeso al muro, riesco ad intravvedere ancora il ritratto ufficiale di Papa Benedetto.

Di corporatura piuttosto robusta, i folti capelli piuttosto lunghi e scomposti sulla larga fronte, di un bianco talmente intenso da sembrare persino luminoso, spiccano quanto il colletto del clergyman , il suo viso ha la stessa carnagione di cera che ho visto in quello di suo fratello e due grandissimi occhi intensamente scuri, che purtroppo fissano un punto davanti a sé mentre, la testa reclinata in avanti, egli ti ascolta attentamente. Michelle lo accoglie per prima, spiegando nuovamente chi siamo, la nostra provenienza ed in particolare accennando a me, alla raccolta di scritti che qualche mese fa gli ho spedito ed al mio grande desiderio di conoscerlo personalmente, citando pure la nostra recente visita a Lorenzago. “ Ah… ja, ja! Lorenzago…Lorenzago…” ripete calmo ed annuendo Monsignore, mentre lei prosegue con la descrizione del contenuto dei pacchetti che gli abbiamo portato in regalo. Béatrice gli ha mandato in dono dalla Francia un CD musicale contenente brani sacri di un autore del periodo barocco, Marc Antoine Charpentier, accompagnato da un graziosissimo biglietto autografo ed illustrato nel quale gli parla dell’Alsazia. Michelle gli ha portato, invece, un barattolo di golosa gelatina fatta da lei stessa in casa con il vino della sua campagna, mentre io ho scelto per lui un a candela profumata a forma di rosa dai petali aperti e dal tenue colore giallo- béige, che ho chiuso in una scatola di cartone rosso dal decoro fiorato assieme alle due versioni, italiana e tedesca, della breve lettera di accompagnamento.

“Buongiorno!” gli dico finalmente, avvicinandomi a lui fra naturalezza e timore e porgendogli la mano. “Buongiorno!” mi risponde in un tenero, ma corretto italiano, mentre una grande mano calda stringe con cordiale discrezione la mia. Con emozionato impaccio, tento di sistemargli fra le mani, rimaste nel frattempo interrogativamente aperte davanti a me, il mio regalo, mentre la busta di plastica lucida- che, come capisco dell’indeciso movimento delle sue grosse dita, egli non capisce esattamente se deve lasciare o trattenere- continua a scivolare. “Sprechen Sie Deutsch?” (“Lei parla tedesco?”) aggiunge rivolgendosi a me con voce sommessa, ma chiara, quasi confidenzialmente, senza peraltro ottenere risposta. Come spiegargli che in quel momento non riuscivo a tradurre in tedesco ciò che avrei voluto dirgli? Sono certa che abbia capito. “Kommen Sie aus Trient?” (“Lei viene da Trento?”) prosegue molto gentilmente, confondendo evidentemente per un’erronea comprensione di quanto gli è stato riferito, la città di Trieste con quella di Trento, due nomi che nella sua lingua hanno un suono assai simile. Con un ombra di disappunto, riesco soltanto a bisbigliare: “…No!...Aus Triest!” ( “ No!..da Trieste!!!), considerando però, come egli, senza volerlo, abbia abbinato proprio le due città irredente e questo particolare mi procura una certa soddisfazione. “Ah, aus Triest…” mi fa eco. Capisco che poi accenna alla vicinanza di Trieste all’Austria, quasi volendo menzionare qualcosa che accomuna la mia città alla Baviera, come cioè a qualcosa che abbiamo in comune. Il nostro dialogo, purtroppo, si interrompe qui. Forse veramente entrambi avremmo voluto dirci ancora qualcosa… Frau Heindl, sentendoci, nomina pure la città di Udine. Siegfried le chiede di scattarci una foto- ricordo e perciò ci mettiamo in posa dietro al grande tavolo.

Trovandomi ora, con grande gioia, al fianco di Monsignore, mi accorgo che, spontaneamente, con il braccio sinistro lo sto quasi abbracciando, mentre con delicatezza estrema i miei polpastrelli sfiorano appena, quasi ipercettibilmente, il tessuto della sua giacca, cingendogli la larga schiena. D’un tratto vedo Monsignore allontanarsi per dirigersi verso la stanza a sinistra, nominando
“Der Heiligen Vater” ( il Santo Padre) ed uscirne quasi subito stringendo nel pugno tre rosari benedetti. Lo osservo con tenerezza e mi conforta vederlo muoversi con sufficiente disinvoltura, benché con passi lenti e un po’ malfermi, all’interno della sua casa, senza dover ricorrere al bastone. Chiusi nella loro custodia di similpelle, una verde , una marrone ed una blu, con la stampa dello stemma pontificio, sono proprio dello stesso tipo che solitamente il Papa distribuisce. Contentissimi di questo inatteso e prezioso regalo, li afferriamo velocemente dal largo palmo con il quale, con umile fierezza e quasi in sua vece, ce li porge.

“Grazie!” esclama imprevedibilmente, a questo punto, Monsignore, aggiungendo subito dopo: “Tutto bene, tutto bene!” con le “e” strette. Riconosco perfettamente in questa frase la stessa identica espressione rivolta da lui stesso ad un giornalista della televisione italiana che lo stava intervistando, lo scorso aprile, in occasione del genetliaco del Santo Padre e ciò mi fa teneramente sorridere.
Ma nè Siegfried, né Michelle conoscono una parola di italiano e pertanto devo ritenere che queste parole siano davvero rivolte espressamente a me… Certamente tutti ci saremmo intrattenuti volentieri ancora un poco, ma non volevamo approfittare ulteriormente della generosa disponibilità di Monsignor Georg. “Herr Kapellmeister, es war eine Freud!!! (“Signor Maestro di Cappella, e’ stata una gioia!”) gli dice, quindi, con evidente entusiasmo Michelle, congedandosi e prendendogli di nuovo, teneramente, la mano.
Insistendo con l’uso dell’italiano, “Arrivederci!” gli dico a mia volta,
a malincuore, ma intendendolo veramente come l’augurio di un prossimo incontro. “Arrivederci” scandisce affettuosamente Monsignore, sollevando di poco la testa verso di me.
Ci avviamo in fila verso l’uscita. Quando sono quasi vicina alla porta, lo sento aggiungere, ancora in italiano: “Buon viaggio!” “Grazie!” scandisco, con commossa sorpresa, perché intenda chiaramente… D’impulso, starei quasi per tornare indietro per fargli una carezza…Ma mi trattengo… Facendo forza su me stessa, raggiungo la porta senza voltarmi più.
“Incroyable!!! Incroyable!!!” ( “Incredibile!! ! Incredibile!!!”) esclama esultante Michelle appena siamo fuori. D’improvviso mi abbraccia chiedendomi, in tedesco: “Sei felice, ora?”forse anche perché, sul mio volto, la contentezza così intima e struggente si è già trasformata in evidente malinconia… “Potrai conservare un bel ricordo!!! “

Decisamente più piccola di quanto mi fosse apparsa nelle illustrazioni, la splendida” Alte Kapelle”, dove ci infiliamo ancora trasognati, è tutta un superbo tripudio di oro e di stucchi. Una stretta porta di legno indica l’accesso alla sala dove si trova il nuovo organo benedetto dal Papa l’anno scorso, ma le visite non sono consentite. Sono rari i passanti che incrociamo a quest’ora del primo pomeriggio, forse anche perché sta ancora piovigginando e soffia un leggero vento freddo. Ora di fronte a noi si erge l’imponente e severa sagoma del grandioso Duomo gotico di Sankt Peter, dalle altissime guglie pinnacolate. Il buio dell’ascetico interno, scandito dalle tipiche navate a sesto acuto, è suggestivamente illuminato soltanto dalle incantevoli vetrate policrome e riscaldato dalla luce tremolante delle poche candele accese. Nella piccola cappella di fianco all’altar maggiore, proprio dove per alcuni decenni Monsignor Ratzinger ha diretto, con passione e maestria, varie generazioni di piccoli cantori, i “suoi” celebri “Regensburger Domspatzen”, ci inginocchiamo tutti e tre per una fervida e riconoscente preghiera. Sul pavimento lo stesso tappeto, gi stessi scranni lungo le pareti: mi sembra quasi di vederli mentre si esibiscono… Nella parte più antica della città gli eleganti edifici storici si susseguono uno dopo l’altro. Dal “Ponte di pietra” ammiro per la prima volta le acque turbolente del Danubio e ripetutamente mi metto in posa per le innumerevoli fotografie, davanti ad altrettanti indimenticabili scorci. Oltre la sponda opposta assistiamo allo spettacolo assolutamente mai visto di un doppio arcobaleno. Ci aggiriamo per le viuzze romantiche della bellissima Ratisbona, proseguendo fino ai resti della “Porta Pretoria”, una delle più antiche costruzioni romane dell’intera Germania. La rilassante e necessaria sosta nell’antichissima “Prinzess Confiserie Cafè Boutique”, la centenaria pasticcieria sorta nel 1676 a pochi passi dal medievale palazzo dell’ ”Alte Rathaus” ( “Vecchio Municipio”), un autentico gioiello di elegante raffinatezza, ci delizia non soltanto il palato. Piacevolmente immersi nell’atmosfera magica , sospesa e persino irreale dell’ovattata sala da thè, dove il lontano passato è ancora accuratamente conservato negli arredi autentici e nelle suppellettili d’epoca, assaporiamo con calma la generosa fetta di un eccellente strudel di ciliegie, accompagnata dall’immancabile, straripante ciuffo di morbidissima panna.

Una lunga e trafficata strada periferica, più volte interrotta da larghi tratti di aperta campagna dalla terra rossiccia e costeggiata da filari di aceri dai brillanti colori autunnali, collega l’elegante Ratisbona al molto meno affascinante sobborgo di Pentling, interamente popolato da tipiche villette a schiera in stile Anni Sessanta, più o meno tutte uguali, che raggiungiamo con l’autobus. Quella in cui abitò il Cardinale è una delle ultime. Un semplicissimo muretto a secco la isola parzialmente dalla strada ed impedisce la vista del retro. Le tapparelle azzurre sono tutte completamente abbassate. Oltre la recinzione metallica, ingentilita soltanto dal luminoso colore violetto di qualche alto fiore spontaneo e da piccole bacche bianche , scorgo fra l’erba incolta del prato, ingombro di foglie secche, qualche piccola mela caduta per terra. “Si vede proprio che manca il proprietario” sottolinea Siegfried con tristezza, esprimendo il mio stesso pensiero, reso ancora più acutamente malinconico dalla consapevolezza che il proprietario non potrà tornare mai più tornare ad abitarvi. Soltanto un paio di attrezzi da giardino appoggiati ad piccolo pozzo fanno intuire qualche presenza umana. Ma la nostra visita a Regensburg non si sarebbe potuta considerare completa senza una doverosa sosta davanti alla tomba di famiglia, nel piccolo e semplicissimo cimitero di Ziegetsdorf, dove arriviamo quasi di corsa nel tardo pomeriggio, esattamente cinque minuti prima della chiusura. Infilando velocemente il breve vialetto di ghiaia come chi è pratico del posto, svoltiamo decisi a sinistra. Una brevissima sosta in grata ed intensa preghiera per il padre, la madre e la sorella ed una benedizione con l’acqua santa conclude questa nostra indimenticabile giornata. Ratisbona: città di torri , città di sogni, recita un opuscolo turistico. Per me, in questo luogo, uno si è realmente avverato.

JOSEPHINE, 18/11/2007















LE RECITE DE MICHELLE






Le récit de Michelle :
rencontre avec Mgr. Georg

Depuis mes vacances avec LUI dans les Dolomites italiennes et NOTRE rencontre le 23 juillet, je ne pense plus qu´à le voir encore... Et le ciel m´a entendu, si je n'ai pu le rencontrer, au moins ai-je eu le grand bonheur de voir SON frère.

La journée s'annonce mal
En septembre dernier, un courriel de Béatrice m´apprend que Gabriella et Gloria (je les ai connues toutes les 3 cet été à Lorenzago-di-Cadore) veulent venir en Bavière et demandent si je peux les accompagner à Ratisbonne. Gabriella a correspondu avec Herr Domkapellmeister Georg Ratzinger et aimerait aller le voir... Ma décision est vite prise et j´organise le voyage en train.

Le jour dit, les chemins-de-fer allemands sont en grève... Après 2 heures de "stop and go" sur l´autoroute vers Munich (normalement il faut une petite heure) nous trouvons Gabriella au lieu convenu. Nouveau problème avec la grève, le "S-Bahn" (équivalent du RER) nous passe sous le nez et nous devons attendre une bonne heure avant que l´on puisse se rendre à la gare... où notre train est déjà parti. Nous arrivons 3 heures plus tard que prévu à Ratisbonne. Gloria n´est pas venue, elle voulait se rendre à Dachau et Freising. Le temps est gris et il fait froid.
Heureusement le chemin n´est pas long jusqu´au centre et nous décidons de passer tout de suite chez le Domkapellmeister (maître de chapelle du choeur du Dôme de Ratisbonne). Nous ne savons pas exactement où il demeure, mais une dame charmante nous y conduit et nous raconte quelques anecdotes - son fils a été voisin de la jolie maison rose où demeure le frère du Pape -.

Nous entrons dans la cour. Là j´apprends que Gabriella, contrairement à ce que je pensais, n´a pas de rendez-vous... Je suis désarçonnée et la peur me prend ! Mais Siegfried, qui nous a accompagnées, et Gabriella, me regardent avec une telle confiance que je ne veux pas les décevoir... et puis moi aussi j´ai fait le voyage tout exprès pour cette rencontre... Nous sonnons... Aucun mouvement... Attendons... re-sonnons... et décidons de repasser plus tard..


Le Ciel nous entend.
Mais Dieu a entendu mes prières. Une mercedès blanche - un vieux modèle - entre dans la cours. Une petite femme pleine de dynamisme au regard interrogateur en descend. Je m´avance et la salue en m´excusant de venir sans être annoncés, mais nous avons des cadeaux pour Herr Kappelmeister et nous aimerions les donner ou les remettre en main-propre.

Je sens qu´elle nous jauge... elle sourit et nous dit qu´elle va s'informer, car Herr Kappelmeister a un rendez-vous à l´université et a peu de temps... Elle ouvre la porte, monte l´escalier qui est tout de suite sur la gauche et laisse la porte ouverte. Nous attendons dehors, elle redescend et nous dit d´entrer, nous allons être reçus.... Quel bonheur ! Nous la suivons dans la pièce qui fait face à la porte d´entrée: la pièce, meublée d'un buffet, d'une commode, de fauteuils et d´une table ronde en son milieu, est chaude et accueillante... Je m´imagine les deux frères assis à cette table et savourant un bon repas mijoté par Frau Heindl... Mais une photo sur le mur attire mon regard. IL est là et nous regarde.

Rencontre avec Mgr Georg
Je n´ai pas le temps de regarder plus ou de réfléchir, je suis émue, mais en même temps comme personne ne parle, je m´adresse à Frau Heindl pour la remercier et lui remettre le cadeau - un calendrier alsacien - que Béatrice m´a remis pour elle. Elle est surprise, mais touchée de cette attention. Nous parlons un peu - elle est très gentille- elle bavarde avec moi. La porte s´ouvre doucement derrière nous. Il est là. Etonné. Je lui dis bonjour en nous excusant de venir ainsi le déranger. Il nous salue gentiment et accepte très simplement les cadeaux que nous lui remettons : une bougie de la part de Gabriella, un CD de la part de Béatrice - je lui donne quelques explications sur le musicien et la musique. Je lui remets un pot de gelée faite à base de vin "Trollinger" un souvenir de la région de Stuttgart où je demeure, en lui disant que j´ai lu qu´il aimait les pâtisseries et les sucreries et que j´espère qu´il aura plaisir à gôuter cette spécialité au petit- déjeuner. Frau Heindl, à qui il remet les cadeaux confirme que oui en les emportant dans la pièce voisine. Il est stressé et nous dit qu´il doit bientôt partir pour un rendez-vous. Il se dirige - avec sûreté - bien que l´on se rende compte qu´il a des problèmes de vision, sur la gauche où il entre dans une pièce voisine. Il en revient avec 3 chapelets dans des petits étuis marqués au blason du Pape et nous les remets : étuis marron avec chapelet au perles blanches pour les dames et étui vert / perles noires pour Siegfried.



La photo de Frau Heindl
Je leur dis que nous ne voulons pas déranger plus longtemps - je le sens nerveux - et demande la permission d´une photo souvenir. Il acquièsce. Frau Heindl se fait expliquer rapidement le fontionnement de l´appareil et nous nous plaçons derrière la table. Notre "photographe" nous demande de nous déplacer vers la droite pour que le portrait du Pape soit entre nous. Gabriella et Herr Domkappelmeister échangent quelques mots en italien et ne réagissent pas... Je me permets de prendre ce gentil Monsieur par le bras et le tire un peu sur le côté... Voyez le résultat, la photo n´est-elle pas belle ????



Retour sur terre!
Nous prenons congé, remercions... et nous retrouvons dans la rue comme dans un état second... Hébétés... mais si heureux... Siegried et Gabriella retrouvent alors leur langue. Que vous dire de plus de ce moment merveilleux pour nous... Frau Heindl m´a beaucoup plu et fait grande impression - Mon Dieu, si je dois un jour avoir 81 ans, faites que je sois comme cette femme -. Herr Domkapellmeister dégage une gentillesse naturelle qui donne envie de lui donner la main pour l´emmener faire une promenade dans cette belle ville de Ratisbonne ou de lui lire le journal, ou l´aider à répondre à son courrier, en tout cas à donner le meilleur de soi même.J´espère que nous ne l´avons pas dérangé. Dommage qu´il ait eu si peu de temps. Gabriella aurait tant voulu savoir si ses poemes sur son frère ou lui-même lui ont plus. Siegfried, simplement son admiration pour les ces deux frères qui nous apportent tant. Pour ma part, avant la photo je lui ai parlé de mon admiration pour son frère que je remercie pour le courage qu´il a de parler de problèmes que l´on rencontre en Europe - de nos jours ils sont les mêmes en Allemange comme en France - et de lancer un appel QU´IL NOUS FAUT ECOUTER ET SUIVRE. VOUS ET MOI.


L'arc-en-ciel de Ratisbonne
Vous rappelez-vous de l´arc-en-ciel d´Auschwitz ? Regardez : en sortant, nous sommes allés sur "le pont de Ratisbonne"... N´est-ce pas un signe ! Mon Dieu faites que je LE/les revoie... C´est pourquoi je vous dis : -"A bientôt...".

Michelle.